domenica 27 aprile 2008

Il sistema duale: parte quarta

Applicazioni del modello. Critiche
L’applicazione della norma ha portato spesso a risultati completamente antitetici con quelli che si voleva perseguire con questa riforma.[1] Numerose sono state le critiche degli attori economici del panorama italiano. Il più diretto è stato Franco Tatò, ex supermanager di Fininvest, Mondadori ed Enel: “Del sistema tedesco abbiamo importato soprattutto le complicazioni”. Sulla stessa linea Stefano Preda, ex presidente di Piazza Affari: “La traduzione italiana è stata un errore”.
La dissociazione tra azionisti e management propria del modello dualistico è, infatti, tutta da interpretare: il sistema italiano di fatto svuota i poteri dell’assemblea, concentra gran parte dei poteri di controllo e alta amministrazione nel consiglio di sorveglianza, ma non spezza affatto il cordone ombelicale tra i soci (di solito quelli grandi) presenti in quest’ultimo e il consiglio di gestione. La soluzione duale, quindi, può dare ai soci di maggioranza una flessibilità gestionale un tempo sconosciuta.[2] Della stessa opinione è anche Guido Rossi che in un’intervista a La Stampa afferma:”Quello che vedo, con la governance dualistica, è l’erosione dei diritti dell’azionista e alla fine una deresponsabilizzazione degli amministratori nei confronti dei soci” e prosegue “Ma è proprio come il miracolo di Cana: serve a moltiplicare le cariche”.
A supporto della tesi secondo cui questo modello di corporate governance presenta qualche perplessità agli addetti ai lavori, cito il Sole24ore e il suo articolo: “Non piace la governance doppia”[3], che riporta, secondo statistiche Infocamere, il numero delle società che hanno scelto il modello duale (156 Spa) in Italia. In tutto sono meno del 2% del totale. Fra le quotate, solo 8 hanno aderito al duale (e 4 al modello monistico).

NOTE:
[1] La relazione al d.lgs. n. 6/2003 specifica che: “… il sistema dualistico di amministrazione e controllo… attua un modello di governance in cui le più importanti funzioni dell’assemblea ordinaria, che nel modello tradizionale spettavano ai soci e, quindi, alla proprietà, sono attribuite ad un organo professionale quale è il consiglio di sorveglianza. Si tratta pertanto di un sistema in cui la proprietà non nomina gli amministratori e non approva il bilancio ma decide sull’elezione del consiglio di sorveglianza, che è l’organo misto di gestione e di controllo, così indirettamente determinando le linee del programma economico della società (oggetto sociale) e le modifiche di struttura della società (operazioni sul capitale, fusione e, più in generale, delibere dell’assemblea straordinaria).”
Date queste caratteristiche è quindi il modello di amministrazione che più realizza la dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali)”.
[2] Claudio Lotito, azionista di maggioranza della Lazio, prima società quotata ad adottare il modello duale si è fatto nominare presidente del consiglio di gestione (i componenti del consiglio sono solo due, il minimo consentito, e l’altro è il direttore finanziario della società) e nel consiglio di sorveglianza sono stati eletti cinque professionisti indipendenti. Il risultato è stato che l’azionista Lotito può gestire la Lazio riducendo al minimo i passaggi di fronte ai piccoli soci.
[3]Del 10 dicembre 2007

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